briciole

Il suo modo di lasciar dondolare la gamba a mezz’aria, appoggiata alla sedia di un usuale autobus di una città italiana. la gamba che, non più appoggiata, disegna traiettorie; un pendolo che prima stupisce per il suo moto improvviso, e poi, lentamente, chiede di essere accompagnato. Senza forzarlo né deviarlo, lei guardava la sua gamba nascere di moto autonomo, e, compiaciuta quanto stupita, si dedicava ad addomesticarla. .

Josephine..joh…je t’aime.. un gioco di parole improvviso fatto a voce alta, senza sentire alcuna costrizione di un ambiente che nel silenzio misurato e nella compostezza trova il suo equilibrato contrappunto al dinamismo esterno. Il sorriso che non si ritrae, al commento stupido (stupìto) del vicino.

La mano sulla gonna, a dare pudico segno, della sua dignità e di altrettanta sincerità nella reciproca fissità dello sguardo.

Lo sguardo, che degli occhi fa una carezza sulle cose, non una semplice percezione. Il contatto di due onde che sovrapponendosi, si sfiorano e solo così sanno conoscersi. lo sguardo, che di ogni forma dei movimenti delle cose, coglie la linea essenziale; quindi la segue fino a quando un’altra forma di un altro movimento, contiguo, non lo invita a farsi percorrere, a farsi carezzare, a farsi addomesticare. E così via, un cammino, un salto, un cammino ed un altro salto…una metonimia, ed una metafora. Costruendo, nella durata stessa del suo farsi, un percorso di spostamenti con un senso ultimo. Il senso dato dalla sua posizione attuale, che perdura e sembra finire con me. Su di me, anzi. Sui miei stessi occhi? Sui miei piedi, il mio movimento? Carezzando la mia follia.

questo testo lo scrissi tempo fa. molto tempo fa. pubblicarlo è stata per me una costrizione necessaria per poterlo rileggere. con attenzione.
e misurare tutto ciò che per molto tempo non ho fatto altro che sfumare.
la scritta in foto l'ho catturata a Roma, sicuramente scritta essere letta.