Tradizioni mediterranee



Non sono cattolico. Se non inconsciamente, forse. Però c'è stato un periodo in cui andavo a messa, e fu quando, trasferitomi all'età di dodici anni nella città dove ora vivo, conobbi il mio primo amico. Un ragazzo molto religioso. Anche lui, casualmente, arrivato da un'altra città. Fu quindi per merito (o colpa) sua, che cominciai a frequentare la Chiesa, un ambiente per me totalmente insignificante, nel senso letterale: non riuscivo a cogliere il senso del rito, del capo chino, delle mani congiunte, dell'ostia assaggiata. Forse solo il segno di pace mi risultava comprensibile, ma neanche tanto: stringere la mano di qualcuno, senza dire "piacere, mi chiamo antonio, e Lei?", mi rendeva quel gesto in qualche misura nuovamente estraneo, per me "irrituale". In ogni caso, con il tempo, studiai (inconsciamente) le regole nascoste di quello "stare assieme", e imparai il modo di comportarsi, il modo di porsi, l'atteggiamento richiesto, e le risposte "ammesse". Per me, piccolo gagnetto arrivato da lontano, il tutto significava entrare in una comunità, dimostrare di accettarla, e comunicare il desiderio di essere accettato.
Insomma, ero in cerca di risposte,e, per un periodo, lasciai che fossero "quelle" risposte a darmi la sicurezza che volevo, a fornirmi la soluzione ai primi dubbi che nascevano.

Italia - 2008. Una ragazza quattordicenne a Niscemi, in provincia di Caltanissetta, rimane incinta. Forse non vuole il bambino. In ogni caso fa sapere a tra suoi coetanei che uno di loro può essere il padre. I tre ragazzi si ritrovano con un problema, più grande di loro. Cercano soluzioni. Ci si potrebbe comportare in molti modi. Quello che trovano (quello che scelgono) è uccidere la ragazza.

Italia - 2008. A Napoli, una ragazza rom cerca di rapire un bambino. Viene scoperta per caso dai genitori, che, in extremis, salvano il piccolo. Di fronte all'accaduto, molte potrebbero essere le reazioni immaginabili. La soluzione al problemqa è stato l'assedio ai campi rom, l'incendio, e la messa in fuga ad opera di tutto il quartiere prima, e di altre zone della città poi.


Italia - 1918/1920. Le condizioni sociali sono pessime, e la povertà aumenta vertiginosamente.
Lo Stato è assente, o meglio sembra incapace di fornire soluzioni accettabili ai problemi che la popolazione accusa in misura sempre maggiore. Nascono i primi scioperi generali, enormi, che il governo si limita a contenere. I fasci di combattimento di Mussolini si sostituiscono allo Stato nella gestione dell'ordine pubblico, e in alcuni settori dell'amministrazione bloccati dallo sciopero. Fornirono di fatto una soluzione ad un senso di disagio, di disordine, di immobilismo che lo Stato liberale aveva creato negli anni. Diedero un modello di comportamento.


Questo per dire cosa?
per ora (è tardi) esprimo semplici connessioni di idee, e domande.
Che significato ha l'omicidio in Sicilia? Quanti omicidi mafiosi sono rimasti impuniti? Ha più valore ciò che insegna dottrinalmente la scuola o praticamente la strada? Chi comanda nei paesini, lo Stato o i capomafia? Come risolvono i problemi i capomafia? Ci riescono? E lo Stato riesce a risolvere i problemi? L'aborto è una soluzione praticabile senza essere "disonorati"?

A Napoli , nel video linkato, si vede l'immondizia che separa il campo rom dalla "zona italiana". Ambedue le zone, dunque, hanno l'immondizia sotto casa. Che valore ha la questione rifiuti con la scelta di fare da sè degli abitanti del posto? Cacciare i rom è una soluzione a quale problema, precisamente? Il fare da sè non è (forse) più importante del risultato che ottengono?
In queste due parti d'Italia, chi è che riesce a trasmettere modelli di comportamento e soluzioni accettate ai problemi?

Le risposte mi fanno molta più paura delle domande. E i Rom, e la ragazza siciliana, in tutto questo non c'entrano nulla. Come non c'entravo niente io con la Chiesa cattolica. Mi ci sono trovato, ecco tutto.

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